lunedì 19 marzo 2012

Scale di Valutazione in Riabilitazione

Autore: Dott. Loredana Gigli - Fisioterapista
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Le discipline riabilitative hanno una lunga tradizione nell’ambito della valutazione funzionale, e di conseguenza anche nello sviluppo, nell’analisi e nell’uso di adeguati strumenti clinici di misura ad essa correlati. Oltre a questo, negli ultimi anni, a causa delle problematiche economiche della Sanità, si è assistito ad un crescente interesse nella documentazione del risultato degli interventi terapeutici (“outcome” , secondo la terminologia anglosassone), anche in funzione di un rapporto con i loro costi.

Quindi, la valutazionedell’outcome rappresenta il punto di partenza per permettere al Fisioterapista di:
 pianificare il progetto ed il programma riabilitativo;
 monitorare le modificazioni intervenute, verificando così anche la validità degli approcci e delle tecniche utilizzati;
 organizzare nel miglior modo la continuità delle cure ed il “case management”, per garantire al paziente la miglior qualità di vita possibile;
 valutare gli effetti dell’intervento in termini di appropriatezza, efficacia ed efficienza.

Livelli di analisi del risultato terapeutico (outcome)
La cornice per inquadrare i parametri di interesse per la valutazione dell’outcome in riabilitazione è fornita dalle classificazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).
Nel 1980 l’OMS propose un modello classificativo innovativo delle conseguenze delle malattie e degli interventi volti al loro controllo, denominato ICIDH (International Classification of Impairment, Disability and Handicap); questo modello proponeva tre dimensioni fondamentali, in accordo alle quali sono state elaborate numerose scale di valutazione:
MENOMAZIONE
DISABILITA’
HANDICAP

Nel 2001, un lungo lavoro di revisione ed aggiornamento dell’ICIDH ha portato all’approvazione, da parte dell’OMS, dell’International Classification of Functioning, Disability and Health (ICF), che ha rielaborato i concetti di disabilità e handicap, evidenziando il ruolo dell’interazione tra individuo e ambiente fisico e sociale circostante. L’ICF rappresenta una “classificazione della salute e degli stati ad essa correlati”.
Attualmente, i parametri fondamentali per analizzare l’outcome in riabilitazione è rappresentato dalle modificazioni del grado di disabilità e indipendenza funzionale, di segni e sintomi clinici, di specifiche funzioni fisiche e/o cognitive, dello stato emotivo e di benessere, delle funzioni socio-lavorative. E’ invece tuttora problematico misurare la “qualità di vita” dei pazienti, intesa come il grado con cui lo stato di salute influisce sulle abilità funzionali individuali, sullo stato di benessere psicologico e sulla soddisfazione generale (“health-related quality of life). Infatti, sebbene la letteratura scientifica dia grande rilevanza a questo aspetto, non vi è accordo né sulla definizione operativa di questo concetto complesso e multidimensionale, né, di conseguenza, sul contenuto degli strumenti per misurarla.

Criteri per la scelta di strumenti di misura
Le modalità più frequentemente utilizzate per quantificare o categorizzare le variabili relative agli effetti di un intervento, sono rappresentate da scale di valutazione o questionari.
Nelle scale di valutazione un esaminatore osserva ed assegna punteggi a un determinato parametro sulla base di un proprio giudizio, con minimo coinvolgimento del paziente.
I questionari invece raccolgono direttamente il punto di vista del paziente.
Il riconoscimento del livello di misurazione che si sta effettuando è di fondamentale importanza per comprendere quale sia il grado di informazioni ottenibile dalla misurazione effettuata. I dati prodotti dai processi di misurazione possono essere raggruppati in quattro categorie o livelli:
 nominale: descrive le relazioni di uguaglianza e diversità, come ad esempio per la razza, il sesso, la nazionalità o la diagnosi clinica; l’unica operazione matematica possibile è il conteggio numerico degli appartenenti a ciascuna categoria.
 ordinale: non consente una quantificazione della variabile in oggetto, ma solo una definizione di una posizione relativa ad una distribuzione.
 intervallare: presenta le caratteristiche di una scala ordinale, in più dimostra di possedere distanze conosciute ed uguali fra le unità di misura.
 a rapporto: ha le caratteristiche delle scale ad intervallo, con in più uno zero non arbitrario che rappresenta la totale assenza della quantità esaminata; l’altezza ed il peso rappresentano misurazioni di questo tipo.
Requisiti psicometrici e pratici relativi alle misure di outcome in riabilitazione
Numerosi lavori scientifici hanno descritto i principali criteri per selezionare misure di outcome e/o di valutarne in dettaglio le principali proprietà psicometriche e pratiche. Si tratta di requisiti psicometrici (affidabilità, validità, responsività) e attributi tecnici e pratici (appropriatezza, precisione, interpretabilità, accettabilità e fattibilità).
Tutti questi concetti devono essere attentamente considerati, quando si procede alla scelta del sistema di valutazione da utilizzare, sia in ricerca che in clinica.

Le principali scale di misura in riabilitazione
Le più importanti ed utilizzate scale di misura in riabilitazione fanno riferimento a diverse categorie, quali:
SCALE DI DISABILITA’ GENERICHE
SCALE DI MISURA DELLA QUALITA’ DELLA VITA
SCALE PER LA VALUTAZIONE DEL DOLORE
Esistono poi scale di valutazione di specifiche menomazioni e condizioni patologiche.

Conclusioni
Anche se attualmente le conoscenze sono molto più ampie ed approfondite, esistono tuttavia importanti lacune metodologiche, che rallentano l’implementazione dell’abitudine al monitoraggio dei trattamenti riabilitativi. Questo è dovuto anche al fatto che i sistemi di valutazione sono difficilmente correlabili tra loro, richiedendo quindi l’utilizzo di diversi strumenti di misura per uno stesso paziente, il che richiede l’impiego, tra l’altro, di tempi che non sempre sono a disposizione del Fisioterapista. E’ necessario però incrementare la conoscenza e l’uso di una corretta valutazione in riabilitazione, per garantire sempre i migliori livelli di efficacia al paziente, e per migliorare l’efficienza dell’intero sistema sanitario.

giovedì 8 marzo 2012

Che cos'è la FISIOSCISSIONE

Autori: Giovanni Raimondi: Fisioterapista-Osteopata
           Daniele Raimondi: Dottore in Fisioterapia-Osteopata

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Il corso che vogliamo proporre è un approccio che si avvale dell’uso di una nuova tecnologia (i Fisioscissor) ideata  da un fisioterapista per il fisioterapista.
Fisioscissione ha un significato semplice e preciso: scindere i tessuti miofasciali rispettando la fisiologia.
Questo lavoro nasce da  forti necessità personali e professionali.
Abbiamo percepito l’esigenza di rendere più preciso il gesto terapeutico consentendoci di esplicare una cognitività che si fonda sul concetto dei livelli anatomici e sul rispetto del “rimescolamento recettoriale”.
Ogni strato anatomico che ci riveste possiede una propria vita intrinseca cellulare con delle peculiarità dove metabolismo, scambio e propriocezione interagiscono in simbiosi come un unico sistema di coesione dinamico.
Il fisioterapista diviene interprete, nell’applicare e trasmettere specifiche pressioni, stimolazioni o inibizioni creando un feedback continuo tra il  tessuto e la strumentazione tecnica. Viene  impegnato in una  continua analisi e verifica sui risultati e sui cambiamenti delle evidenze cliniche, creando automaticamente tra  Fisioscissor, tessuti e manualità una triade  indissociabile.
Il trattamento dà forte risalto ai particolari, alla struttura, alla colonna vertebrale, proponendo aspetti valutativi (test, posizioni di trattamento specifiche ) e terapeutici, dove il gesto tecnico risulta raffinato, incisivo, sicuro, proporzionato ed equilibrato nei confronti del dolore mio fasciale, così da mettere in evidenza che con questa visione particolareggiata del tessuto molle “l’essenza” del nostro lavoro è insita nella qualità del gesto terapeutico.
Attraverso l’uso di una strumentazione tecnica versatile e di forma differente riusciamo a focalizzare l’attenzione sui piccoli edemi in prossimità delle spinose, sulla proiezione dei muscoli erettori della colonna, sulle zone di ancoraggio della fascia in prossimità dei piccoli reperi ossei, sui setti intermuscolari.
Lavorare in seno al ventre muscolare prendendo via via contatto con la componente tendinea, con le entesi dove le fibre collagene sono mineralizzate e integrate nel tessuto osseo, rappresenta per la fisioscissione una peculiarità primaria. Andare a contatto con la  particolarità anatomica, considerando l’importanza del dettaglio, riuscire a raggiungere una piccola area di pochi mm fibrotica, densa, difficilmente raggiungibile dalle dita del fisioterapista è una necessaria esigenza, una primarietà irrinunciabile. Percepire, in alcuni casi, l’impossibilità  di essere così determinanti con le stesse dita la dove il contatto perde efficacia in quanto precisione, resistenza, consistenza, depone verso una possibile insoddisfacente realizzazione del gesto tecnico e a una possibile aspettativa di risultato dubbio.
I cinque strumenti sono differenti nel design: ognuno di essi ha due teste operative di forma diversa (a sezione arrotondata o semi-curva, inclinata di pochi gradi, appuntita, smussata o piatta), che andranno usati in ordine cronologico con criteri che il fisioterapista analizzerà in virtù delle necessità. Grazie a queste peculiarità viene permesso di usare in sequenza tutti gli ausili, ed eseguire le metodologie tipiche della Fisioscissione, così da mettere a punto una mobilizzazione selettiva organizzando una micro-manipolazione mio fasciale.
Fisioscissione ha messo in evidenza contenuti teorico pratici consolidati nel tempo che si basano su modalità di intervento che si sono evolute nel corso degli anni, ottenendo risultati interessanti in campo ortopedico, medicina dello sport, nelle sequele acute e croniche, nei casi di entesopatie (pubalgie, epicondiliti, tendinopatie dell’achilleo, di spalla).
In campo reumatologico, in alcune patologie come la spondilite anchilosante, questo trattamento contribuisce a movimentare i tessuti, le stagnazioni dei liquidi a livello del canale primario vertebrale, in generale là dove i tessuti mostrano una propensione a non “scorrere”. 
Con alcune tecniche particolari il fisioterapista lavora sulla proiezione dei muscoli erettori del rachide, prefiggendosi tra le tante altre potenzialità di rilanciare le forze di scomposizione antigravitazionali ripristinando la mobilità dell’unità funzionale vertebrale con azione sulla “molla vertebrale”. 
E’ un trattamento ben accolto dai pazienti, sia autonomamente che in associazione ad altre proposte medico riabilitative, contribuendo tutti i giorni a darci soddisfazioni professionali, migliorare la mobilità intrinseca, l’aspetto circolatorio e linfatico, e quindi il recupero della funzione, tenendo conto del fenomeno rimescolamento (movimentazione eccessiva dei meccano sensori).
Nella pratica riabilitativa il fisioterapista concretizza una manualità caratterizzata spesso da gesti ripetitivi, a volte energici.  Questa attrezzatura tecnica facilita il lavoro del terapista anche dal punto di vista ergonomico.
L’intero corso è strutturato per dare ampio spazio all’apprendimento della corretta manualità e della risoluzione delle problematiche che si possono trovare durante l’approccio clinico con questa particolare tecnica. Un approccio che ha evidenziato un interessante invito all’approfondimento con potenzialità in continua evoluzione.

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venerdì 2 marzo 2012

Imaging in Riabilitazione: la TC

Autore: Dott. Mauro Branchini - Medico Radiologo

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La tomografia (assiale) computerizzata rappresenta un'evoluzione importante dell'immagine radiologica, in quanto permette di studiare il paziente con una definizione nettamente maggiore rispetto alla radiologia tradizionale.
La prima macchina TC venne creata da Hounsfield nel 1967 e rappresentava una applicazione per produrre il primo scanner TC per il cervello.
Utilizza anch'essa i raggi X e la struttura corporea viene studiata a fette; vengono successivamente  visualizzate su monitor ed in seguito stampate su lastra o CD.
Il paziente è disteso su di un lettino e su di questo entra man mano all'interno di un gantry: il tubo radiogeno, collocato all'interno del gantry, produce continuamente un fascio di radiazioni stretto, collimato, ed assieme al sistema di rilevazione (costitutito dai "deflettori") compiono un giro completo attorno al paziente; un sistema computerizzato rielabora le molteplici immagini ottenute venendo così a creare delle immagini del paziente come se questo fosse tagliato a fette. Le immagini ottenute sono su di un piano assiale e il computer ce le propone come se il paziente fosse posizionato davanti a noi, in posizione supina e noi fossimo ai suoi piedi.
Le immagini delle "fette" ottenute in TC sono bidimensionali e bisogna sempre ricordare che seppur sottili, rappresentano sempre un volume, determinato dallo spessore di fetta analizzato.
E' possibile variare lo spessore di fetta che può andare da un centimetro a meno di un millimetro, e questa possibile variabilità deve essere utilizzata nel caso in cui dobbiamo andare a studiare particolari della struttura corporea più o meno sottili.
Una similitudine molto chiara è quella del salame che anch'esso viene tagliato a fette: se molto grosse il chicco di pepe al suo interno può non essere visualizzato, mentre con fette sottili questo non succede.
I macchinari che oggi abbiamo a disposizione sono TC spirali multistrato, che permettono lo studio del paziente mentre questo entra con una determinata velocità, costante nel tempo, all'interno/attraverso il gantry; le macchine più avanzate (64-128 strati) permettono lo studio completo di un individuo dalla testa ai piedi in un tempo di circa 15-20 secondi.
La velocità può essere sfruttata per coprire un volume maggiore o per coprire lo stesso volume con fette più sottili.
Le immagini TC vengono acquisite secondo un piano assiale. Alla fine dell'acquisizione il paziente può abbandonare la sala TC per ritornare in Pronto Soccorso e nel proprio Reparto di Degenza; successivamente tutte le immagini ottenute possono essere rielaborate per ottenere una migliore visualizzazione dei tessuti molli, del tessuto osseo, del mediastino, degli organi parenchimatosi addominali o del parenchima polmonare; inoltre sono possibili molteplici ricostruzioni multiplanari su piani sagittali e coronali senza dimenticare le ricostruzioni volumetriche tridimensionali.
Le immagini sono formate da punti detti "pixel"; a ciascun pixel viene assegnato un valore numerico che è in rapporto al coefficiente di attenuazione lineare della corrispondente porzione di tessuto in esame. Poichè ogni fetta ha uno spessore, ad ogni pixel corrispondente un volume di tessuto, detto "voxel".
A ciascun pixel viene assegnato un valore numerico detto numero TC o unità Hounsfield. Tale valore rappresenta l'attenuazione media del corrispondente volume di tessuto esaminato (voxel). La tomografia è un esame quantitativo e assegna valori calibrati alla scala dei grigi nelle immagini ricostruite. Si parla di Unità Hounsfield (HU) e di valori densitometrici: -1000 HU sono tipici dell'aria, 0 HU dell'acqua, +1000 HU dell'osso. Strutture con densità intermedie tra l'acqua e l'aria avranno valori negativi, mentre strutture con dentità maggiore dell'acqua avranno valori positivi.
L'occhio umano però è in grado di riconoscere un numero limitato di toni di grigio (circa 16-18), mentre il computer ed il monitor arrivano a 256.
Se l'immagine TC fosse panoramica e comprensiva di tutto quello che viene visto, noi non riusciremmo a distinguere strutture simili ma diverse tra loro solo per valori densitometrici.
Con il computer della TC abbiamo la possibilità di "centrare" la finestra di visualizzazione tessuto osseo, ect; all'interno di questa finestra i tessuti densitometricamente simili saranno facilmente distinti tra loro perchè il nostro occhio è in grado di vederli e distinguerli nella scala di grigi.
Il quesito clinico devi guidare il tecnico nel condurrel'indagine: se la patologia è a carico della struttura ossea o dei tessuti molli, la finestra di visualizzazione sarà centrata sui valori densitometrici medi di quella struttura.
La TC rimane l'indagine migliore per lo studio della struttura ossea; capace di esaminare il paziente con fette di spessore inferiori al mm, è in grado di visualizzare la struttura trabecolare e corticale ossea nei suoi dettagli.
Indicazioni sono soprattutto la patologia traumatica e la patologia neoplastica-infiltrativa. Ci può dare valide informazioni anche sulla patologia dei tessuti molli, come le strutture muscolari e capsulo-legamentose, ma a tutt'oggi in questo campo la tecnica migliore è la RM.
In TC le ricostruzioni multiplanari sagittali e coronali, ma soprattutto le ricostruzioni 3d ci permettono di avere una visione di "insieme", cioè panoramica, della lesione ossea; per il chirurgo-ortopedico è molto importante avere in un'unica immagine tutto il quadro clinico, come immagine di riferimento in sala operatoria.
I mezzi di contrasto (abbreviati in m.d.c.) o agenti di contrasto sono sostanze a base di iodio ( materiale radio-opaco nello studio con RX) in grado di modificare il modo in cui una regione analizzata appare in un aimmagine medica. Specificamente, alterano il contrasto di un organo, di una lesione, o di qualsiasi altra struttura rispetto a ciò che la circonda, in modo da rendere visibili dettagli che altrimenti risulterebbero non apprezzabili.

A termine di questa introduzione sulla TAC ho aggiunto una breve lezione video sulla lettura TC di un paziente con problemi LOMBARI





mercoledì 29 febbraio 2012

Tecniche Shiatzu per la gravidanza

Autore: Gianpiero Brusasco,  foto di Valerio Bordone e Daniele Caron

Pance tonde, pance a punta. Pance piccole, pance strabordanti. Ad ogni periodo di gravidanza la pancia è testimone di un processo affascinante che osserviamo con stupore e reverenza. Fare un trattamento ad una donna in gravidanza richiama alla nostra attenzione il mistero della vita.

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La gravidanza è un momento in cui il corpo della donna si adatta alle necessità del feto. Ecco quindi cambiare l'assetto della struttura muscoloscheletrica, i tessuti tendersi per accogliere l'aumento di peso, il sistema ormonale influire sullo stato emotivo.
Accompagnare la donna in questo periodo è quindi molto gratificante ma anche impegnativo perché il trattamento è doppio! Mentre si tratta la madre, si tratta anche il figlio.
Nell'affrontare il trattamento della donna in gravidanza vi propongo di portare l'attenzione a tre zone che risultano essere le più interessanti e nelle quali riscontriamo gli effetti dei mutamenti in corso nel corpo della
madre. Queste zone sono strettamente correlate con i cambiamenti in corso ma sono anche "luoghi" dove possiamo instaurare un dialogo tattile con il nascituro arricchendo la nostra esperienza professionale di nuove sensazioni e percezioni. Le tecniche proposte mirano a sostenere la trasformazione del Qi in due modi: in particolare, agendo con tecniche mirate di tonificazione e di sedazione e in generale, agendo per sostenere il flusso del Qi per mezzo della consapevolezza e della concentrazione mentale.

Il vaso cintura
All'inizio del trattamento portiamo attenzione alla prima zona, il Vaso Cintura che, come il suo nome fa capire,
è quella linea di congiunzione tra il punto VG4 e la zona sott'ombelicale. Collega tutti i meridiani che attraversano questa l'area della cintura. Agisce sostenendo il qi dell'utero e il Jing; ha inoltre influenza sulla capacità di radicamento emotivo.
Ponete la ricevente in posizione supina, appoggiate le mani sul ventre con attenzione e concentrate la vostra
attenzione sull'ascolto. 
Con le mani appoggiate seguite i movimenti e le pulsazioni del feto, entrando in contatto con esso; mantenete il contatto negli spostamenti per fargli sentire la vostra presenza. L'obiettivo del lavoro è di innescare un circuito di energia in cui le mani agiscano come due poli tra cui far fluire il Qi: mentre l'una entra in contatto con l'energia del feto, l'altra fa da supporto. Si innescherà così un circuito in cui assecondare il movimento del Qi tra il feto e la madre e di conseguenza rinvigorirne la qualità e la quantità.
Mantenete un contatto rispettoso, non invasivo, per il tempo necessario a sostenere l'effetto di ricarica; quando il feto rallenterà i suoi movimenti potete considerare conclusa questa parte del lavoro. L'effetto del circuito creato è di ricaricare ed equilibrare la zona.
Lavorate con l'obiettivo di lasciare alla donna una sensazione di benessere e di collegamento con il feto.

Lo snodo lombosacrale

La seconda zona, importantissima, è lo snodo lombosacrale. In questa zona comprendo sia le vertebre che le ossa del bacino. Durante l'accrescimento del feto la curva fisiologica lombare si accentua. Allora la donna avverte un senso di pesantezza e di affaticamento che può essere alleviato eseguendo una serie di pressioni localizzate.
Per far assumere alla ricevente una posizione comoda, fatele appoggiare le braccia ad uno sgabello o ad un pallone di circa 60 cm di diametro, in modo da scaricare il peso in avanti  oppure in decubito laterale. Indirizzate le pressioni del palmo e delle dita sulla zona lombosacrale, lavorando con attenzione tutte le zone in cui riuscite a percepire che potete affondare le dita con tutte le angolazioni possibili.
Iniziate a palpare la zona sacrale per individuare quali parti devono ricevere una pressione sostenente, restando con una mano in appoggio mentre con l'altra, usando il pollice o le nocche delle dita, effettuerete delle pressioni sul bordo del sacro, negli spazi intervertebrali, a lato dei processi spinosi, sopra le creste iliache, laddove riuscite a penetrare comodamente sia perpendicolarmente che lateralmente. Lavorate con continuità finché la zona risponderà al tocco in modo energeticamente uniforme.
L'intensità della pressione da esercitare è diversa da punto a punto; la sensibilità dell'operatore è perciò essenziale nel percepire qual è la giusta pressione in funzione della risposta che il Qi dà alla quantità e alla qualità della pressione. In generale la differenza principale da ricercare è se un punto sia in condizione di pienezza o di carenza di Qi: la carenza richiede una pressione mediamente statica, prolungata, profonda, che attende la risposta del Qi.

Le scapole
La terza zona si situa tra le scapole. La zona infrascapolare può risultare dolente o tesa al tatto, infatti la tensione nasce da un nuovo assetto della colonna vertebrale e da un accentuato carico energetico a livello degli organi del torace, in particolare del Cuore. La tecnica che è qui preferibile adottare risiede nell'azione bivalente di tonificazione / sedazione in cui si agisce spostando l'eccesso (jitsu) di Qi laddove v'è necessità (kyo).
Con la ricevente in posizione reclinata sulla palla, palpate la zona infrascapolare usando le dita distese per impastare separatamente i muscoli dorsali ai due lati della colonna vertebrale. Questa manovra può essere dolorosa, in modo particolare dal lato che risulterà il più teso e contratto. Appoggiate il palmo sul lato più teso.
Con una pressione sostenente, restate fermi con il palmo su questa parte mentre con l'altra mano effettuate una pressione stimolante lungo il meridiano di Vescica Urinaria e lungo il bordo scapolare. Trattate con vigore il lato più morbido, utilizzando anche il gomito se lo ritenete necessario.







Successivamente appoggiate la mano aperta sulla scapola dal lato più rigido della schiena e afferrate con l'altra la testa dell'omero. Fate scivolare la scapola, spingendola e tirandola in senso rotatorio o, se preferite, nelle quattro direzioni cardinali e, in più, avanti e indietro. Ripete più volte questa modalità di trattamento finché l'articolazione risulterà più mobile.
Controllate nuovamente i due lati della zona infrascapolare. Se il lato rigido persiste o è ancora doloroso, ripete la sequenza di trattamento dall'inizio.
Dato che queste tre tecniche richiedono mediamente venti minuti ciascuna, possono essere inserite singolarmente all'interno di un trattamento con valutazione energetica o, ancora meglio, costituire un trattamento mirato completo. Quando le applicherete, usate comunque attenzione e precauzione specialmente se trattate una donna nei primi tre mesi di gestazione.
Buona pratica,
gianpierobrusasco@yahoo.it

Riferimenti bibliografici:
- “Shiatsu for midwives”, Suzanne Yates. BfM, Elsevier,
Agosto 2003.




martedì 28 febbraio 2012

Il “problem solving” nella riabilitazione attraverso l’esercizio di controllo motorio. Il “problem solving” nella riabilitazione attraverso l’esercizio di controllo motorio.

Sean GT Gibbons BSc(Hons) PT,MSc Ergonomics, PhD(C)
Traduzione a cura dello SMARTERehab Group Italia



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Il terapista si trova a dover affrontare costantemente nella propria pratica clinica le problematiche relative al problem solving. Un aspetto peculiare di ciò entra in gioco nel momento in cui si deve insegnare ai pazienti un esercizio di controllo motorio specifico, che preveda specifici schemi motori o contrazioni isometriche con il coinvolgimento di alcuni muscoli.
I muscoli sono richiesti per il controllo della traslazione segmentale, controllo della postura ed il controllo del movimento (Hodges 2005). Il controllo motorio non è altro che l’insieme delle strategie utilizzate dal sistema nervoso centrale per controllare queste in maniera coordinata ed in attività di destrezza (Shumway-Cook and Woollacott 2011). Vi sono sempre più evidenze scientifiche a supporto dell’utilizzo dell’esercizio di controllo motorio (Gibbons and Clarke 2009, Gibbons and Newhook 2011). Questi tipi di esercizio rappresentano due sottocomponenti degli esercizi di “core stability” (vedi Gibbons 2007a).
Spesso il successo nel’insegnare alle persone tali esercizi dipende dall’abilità e dall’esperienza del terapista (dalle strategie di “problem solving” utilizzate), da una comunicazione efficace e dall’abilità del paziente di apprendere. L’ambiente ed altri fattori possono ulteriormente influenzare questo. Il Motor Control Ability Questionnaire (questionario delle abilità al controllo motorio) è un questionario sviluppato per identificare le persone che sono in grado o che non sono in grado di apprendere un esercizio di controllo motorio specifico. Tale questionario consiste in domande che hanno a che fare principalmente con deficit neuro cognitivi e sensoriali.
Le ultime ricerche mostrano come l’8% dei soggetti con lombalgia (LBP) acuta ed il 19% di quelli con lombalgia cronica possono presentare significativi deficit neuro cognitivi e sensoriali e non siano in grado di apprendere efficacemente questi esercizi (Gibbons 2009). Approssimativamente il 20% degli individui è in grado di apprendere rapidamente gli esercizi, tuttavia il gruppo di mezzo (circa la metà della popolazione) richiede un operatore che li aiuti attraverso delle strategie di problem solving.
Ciò che ci si prefigge con questo scritto è di descrivere un modello di problem solving in grado di aiutare il fisioterapista nell’insegnamento di varie forme di esercizio di controllo motorio ai pazienti. La figura 1 illustra le categorie di problem solving che possono essere utilizzate e la tabella 1 mette in evidenza le strategie che possono essere utilizzate. La tabella 2 mostra alcune eccezioni a tali strategie. Il problem solving verrà illustrato attraverso un esempio di posizione neutra per il tratto lombo-pelvico. La posizione neutra della colonna è divenuta un qualcosa di controverso in riabilitazione. Non è intenzione di questo articolo entrare nel
dibattito su tale argomento. In breve, questa controversia può esistere per svariati motivi. Una ricerca svolta su soggetti sani in posizione seduta mostrava che la maggior parte dei soggetti non era in grado di ottenere una lordosi corta (neutra) (Claus et al.2009). Di solito si considera come non funzionale lo stare in una singola posizione (e vi è la credenza che la neutra sia una singola e ben specifica posizione); i soggetti senza lombalgia (LBP) tendono a muoversi maggiormente e quindi non sono in posizione neutra (Fenety and Walker 2002, Mok et al 2004); studi epidemiologici non mostrano che vi sia correlazione tra le curvature della colonna e
il dolore (Christensen and Hartvigsen 2008); vi è confusione tra il concetto di zona neutra (neutral zone) proposta da Panjabi (1992) che prende in considerazione la traslazione di un segmento articolare (correlata all’instabilità della colonna) e la zona neutra della colonna, che ha a che fare con l’allineamento di una regione della colonna.
Una più profonda comprensione del movimento, del controllo motorio e della funzione senso-motoria mostra le carenze di questi temi in un dibattito. Vi sono alcuni punti da prendere in considerazione prima di non dar credito a questo tipo di riabilitazione. I soggetti che soffrono di lombalgia cronica aspecifica passano la maggior parte del tempo con la colonna in posizioni a fine corsa (end of range)(O’Sullivan et al 2003) ed un periodo prolungato passato a fine corsa può ridurre la propriocezione (Dolan and Green 2006). Allo stesso modo, lo stare fermi irrigiditi può portare maggiore stress sulla colonna (Hodges et al 2009). Quanto mostrato fa scartare l’ipotesi sopramenzionata secondo cui i soggetti con lombalgia si muovano di più e non siano di conseguenza in posizione neutra. Se si applicasse il modello di Panjabi (1992), questo sarebbe vero soprattutto quando la colonna si trova a fine corsa. Vi son prove di laboratorio ed evidenze cliniche circa ai benefici dell’utilizzo della posizione neutra della colonna. Qualche soggetto riferisce una minor sensazione di sforzo, una maggiore sicurezza nell’apprendere ed ha meno attività della muscolatura superficiale durante un esercizio alla stabilità di controllo motorio specifico se lo effettua in posizione neutra (Gibbons 2002), e qualche soggetto mostra un’aumentata (e non voluta) attività della muscolatura superficiale se l’esercizio di controllo motorio specifico è eseguito fuori dalla posizione neutra (Sapsford et al 2001, Gibbons et al 2002).


Dovremmo essere in grado di rendere qualsiasi esercizio più facile o più difficile basandoci su queste variabili


Tabella 1: Variabili utilizzate per modificare un esercizio di controllo motorio specifico nel problem solving clinico (utilizzando come esempio il controllo della posizione neutra in supino con gambe flesse “crook lying”)



Sarebbe auspicabile che il raggiungimento della posizione neutra del tronco fosse una funzione svolta principalmente dalla muscolatura superficiale o “globale”. La muscolatura profonda “locale” gioca un ruolo marginale nella produzione di un range di movimento fisiologico. Un’ulteriore descrizione della classificazione muscolare può essere vista altrove (Gibbons and Comerford 2001). Il raggiungere una posizione neutra del tronco dovrebbe considerarsi come un elemento del controllo dello schema motorio.
Questo rilevante poiché i soggetti con lombalgia cronica muovono maggiormente la colonna rispetto alle anche durante la flessione del tronco, se paragonati ai soggetti non lombalgici (Gibbons 2011a). Ad esempio, un’antiversione del bacino per raggiungere la posizione neutra è un’estensione relativa della colonna se la posizione di partenza è in flessione.





Figura 1: Variabili che possono essere utilizzate per modificare l’esercizio specifico di controllo motorio durante la risoluzione deiproblemi per rendere l'esercizio più facile o più impegnativi.
Quindi, una colonna in posizione neutra ha la possibilità di aiutare il controllo del movimento. Un trial clinico ci fornisce un’evidenza preliminare di un beneficio clinico (Suni et al. 2006). Un altro trial clinico svolto su pazienti con lombalgia acuta ha rivelato che il mantenimento della posizione neutra era in grado di produrre un controllo sul dolore dei soggetti (Gibbons 2007b).
La posizione neutra potrebbe essere definita come una zona in cui le articolazioni e le strutture passive tutt’attorno si trovano in uno stato di equilibrio elastico e di conseguenza nella posizione di minor carico articolare (McGill, 2007). Questo non dovrebbe confondersi con la posizione neutra della regione lombo-pelvica. Vi è qualche disaccordo su quale sia da considerarsi una postura “ideale” (Claus et al 2009). La ragione di ciò potrebbe stare nel fatto che la postura o posizione “neutra” è differente per ciascun
individuo. Viene inoltre influenzata da come ciascuno raggiunge una posizione neutra. Per esempio, se i muscoli grandi mobilizzatori globali (ad es. ileo-costali e lunghissimi) dominano nel mantenere l’antiversione del bacino, vi sarà una maggiore lordosizzazione toraco-lombare, piuttosto che una lordosi lombo-sacrale. Questa osservazione clinica richiede di essere analizzata quantitativamente. Entrambi i movimenti possono creare così un’antiversione del bacino, ma una lordosi toraco-lombare non è da considerarsi come ideale. Così come questo schema di movimento non è efficace nel ridurre il dolore (Gibbons 2007a). Inoltre la grande muscolatura mobilizzatrice globale possiede molteplici inserzioni a livello della gabbia toracica e se è eccessivamente contratta ha un effetto deleterio sulla respirazione.
Per gli scopi di questo articolo una posizione neutra può essere considerata come quella regione che sta nel mezzo tra i fine corsa di un’articolazione o se si parla della colonna, quella posizione anatomica posturale che è attivamente ottenuta grazie all’influenza della muscolatura di stabilizzazione globale, mantenuta con una minima attività muscolare e con una respirazione normale. E’ fondamentale sottolineare che questa non è una posizione esatta, ma piuttosto un range variabile dipendente dalla quantità di movimento disponibile per ciascun individuo. La posizione a metà range risulta importante poiché richiede stabilità e propriocezione da parte delle strutture miofasciali (meccanismo attivo) piuttosto che dai legamenti e capsule articolari (meccanismo passivo). Il range neutro può modificarsi nel corso del trattamento, nel momento in cui viene guadagnato movimento.

Tabella 2: Eccezioni alle variabili utilizzate per modificare l’esercizio di controllo motorio specifico nel problem solving clinico

Dalle nostre osservazioni cliniche dai risultati di laboratorio si evince che questa strategia risulta essere la migliore posizione neutra per la clinica. Per distinguere tra una posizione neutra generica e quella ottenuta tramite il controllo cosciente dello schema di movimento influenzata dalla muscolatura di stabilizzazione globale sarebbe più appropriato utilizzare il termine “controllo motorio specifico della posizione neutra”. Questo potrebbe meglio calzare con altri termini utilizzati negli esercizi della core staility (Gibbons 2007b). Per semplicità nel resto dell’articolo ci si riferirà a questo come “posizione neutra specifica”.
Le istruzioni o suggerimenti forniti dal terapista al paziente su come ottenere il movimento desiderato sono molto variabili a seconda di ciò che risulti significativo sia per il terapista che per il paziente. Generalmente i suggerimenti più utilizzati dipendono da quale stile d’apprendimento sia più efficiente per il paziente. E’ comunemente accettato che gli stili d’apprendimento chiave comprendono: udito, vista e la chinestesia / tatto (Fleming 1992). Gli ultimi tre sono normalmente utilizzati nella riabilitazione del controllo motorio specifico. Le categorie di stile d’apprendimento possono essere meglio considerati sotto immagine mentale, senso-motorio e destrezza motoria per meglio affrontare i più recenti progressi nell'apprendimento e nella neuroplasticità (Gibbons 2011b). Le persone potrebbero non essere in grado di comprendere quale stile d’apprendimento essi posseggano, dal momento che la riabilitazione è solitamente una miscela di tutti e tre. La migliore soluzione del problema potrebbe essere quella descritta qui di seguito.
Comunemente si parte dall’allenamento della regione neutra specifica del tratto lombo-pelvico in posizione supina con le gambe piegate (crook lying), poiché la colonna è relativamente “scaricata” e questa posizione solitamente è in grado di ridurre i dolori nei pazienti con lombalgia. La flessione delle anche creerà, spesso (ma non sempre) una flessione relativa della colonna, così i suggerimenti da dare per cominciare saranno correlati ad ottenere un’antiversione di bacino. Potrà essere necessario far sperimentare entrambe le direzioni del movimento, poiché può darsi che il paziente non sappia dove si trovi la posizione intermedia.
Le istruzioni da fornire dipendono dalla percezione individuale, così se i pazienti effettuano una retroversione di bacino si dovrà utilizzare il suggerimento apposto. Nella tabella 3 sono elencati i comandi comunemente utilizzati nell’insegnamento del raggiungimento della regione neutra specifica. L’ultimo comando è utilizzato solo quando la comprensione è le capacità del paziente sono scarse.
A questo punto si dovrebbe utilizzare molta cautela e se venisse il sospetto che il paziente non è in grado di apprendere l’esercizio si dovrebbe considerare come un deficit di coordinazione del SNC (Gibbons 2011c).
Tabella 3: Suggerimenti comunemente utilizzati per il raggiungimento di una regione neutra specifica
Elaborazione visiva: funzione oculomotoria, feedback visivo ed apprendimento visivo
La terminologia correlata alle definizioni di “visivo” merita di qualche commento ulteriore poiché vi è una sovrapposizione di concetti che può generare confusione. (1) Il sistema oculomotorio possiede 20 funzioni per fornire al sistema nervoso centrale informazioni relative alle nostre condizioni ambientali, tuttavia noi solitamente pensiamo alla funzione visiva. Noi possiamo utilizzare questa informazione oculomotoria per ottenere feedback riguardo al nostro ambiente, al nostro movimento, la nostra postura e stabilità. (2)
Questa è l’essenza dell’avere un feedback visivo utilizzando uno specchio, un biofeedback ecografico o elettromiografico.
Nell’esempio fatto precedentemente il paziente si può guardare allo specchio o vedere biofeedback a pressione (vedi oltre). (3) Colui che apprende meglio visivamente (visual learner) preferisce ottenere informazioni attraverso il sistema oculomotorio per poterle elaborare efficacemente ed acquisire destrezza o immagazzinare l’informazione che riceverà in seguito. In tal caso essi possono guardare il terapista mentre esegue un esercizio specifico per la neutra.

La terapia ad esercizio graduato (graded exercise therapy) e gli stili d’apprendimento
Un esercizio graduato prevede che vi sia un continuo incremento della tolleranza all’esercizio ed all’attività, utilizzano un sistema di quote invece di abbattimento di dolore. (Fordyce et al 1973). E’ utile che questi principi vengano utilizzati con qualche individuo, per quanto riguarda problematiche correlate alla provocazione del dolore, estrema affaticabilità o come precauzione generale.
Gli stili d’apprendimento sono stati già menzionati in precedenza. Idealmente i metodi d’insegnamento e le istruzioni fornite dovrebbero prendere in considerazione lo stile d’apprendimento del paziente. La maggior parte delle persone avrà una combinazione variabile di stili d’apprendimento senso-motorio. Lo stile d’apprendimento ideale è la “Mental Imagery” (Gibbons 2005). La “Mental Imagery” è la capacità di percepire un’esperienza che normalmente richiederebbe un’informazione senso motoria o un movimento in assenza dello stimolo appropriato. Noi siamo molto interessati all’imagery motoria (la rappresentazione mentale del movimento senza alcun movimento del corpo) per l’insegnamento dell’esercizio di controllo motorio specifico. Quando utilizziamo l’imagery motoria è importante chiedere al paziente se egli sta immaginando se stesso mentre compie l’azione con il proprio corpo o se sta osservando come da fuori il proprio corpo o quello di un altro mentre compie l’azione. Nel primo caso si tratterà di imagery motoria interna, mentre negli altri due casi si parlerà di imagery motoria esterna. L’imagery motoria interna è associata ad una migliore neuro plasticità. Non tutte le persone sono in grado di eseguire efficacemente la mental imagery (Dickstein e Deutsch 2007). Un consiglio, se le strategie di mental imagery non sono efficaci, si può provare con le strategie senso motorie. Se nemmeno queste sono efficaci si può provare con esercizi di destrezza motoria. La destrezza motoria implica la facilitazione manuale del movimento desiderato per il paziente e la ripetizione fino a quando esso non sarà in grado di eseguire il compito senza la facilitazione del terapista. Questo richiederà quasi sempre un feedback senso motorio. Si dovrebbe apprezzare che molteplici
strategie di apprendimento ed organi di senso sono utilizzati simultaneamente dall’individuo, tuttavia una strategia risulterà dominante. Una volta che la destrezza motoria migliorerà si potrà tentare di nuovo con la mental imagery.

Un ulteriore esempio – stabilità posturale
Molti di noi hanno pensato di riguadagnare la propriocezione della gamba a seguito di una distorsione di caviglia, attraverso esercizi su di una gamba, chiudendo gli occhi e/o stando su di una tavoletta oscillante. Basandoci sul modello presentato possiamo suddividere ulteriormente questo tipo d’approccio. Primo, questa è stabilità posturale, non propriocezione, sebbene sia richiesta una buona funzione senso motoria per una buona stabilità posturale. Secondo, quando stiamo su di una sola gamba, noi stiamo riducendo la base d’appoggio e se viene utilizzata una tavoletta oscillante la base d’appoggio risulterà instabile. Terzo, quando noi chiudiamo gli occhi stiamo essenzialmente eliminando la funzione oculomotoria. Esistono molte altre strategie di allenamento che soddisfano questo tipo necessità riabilitativa. Per esempio, la stabilità posturale può essere sollecitata nelle posizioni di Rhomberg o tandem Rhomberg. Un utile punto di partenza in grado di sollecitare la funzione oculomotoria potrebbe essere quello di chiedere al paziente di guardare da un lato all’altro (ad es. muovendo insieme cervicale ed occhi). Siamo persuase che tale richiesta stimola contemporaneamente sia l’afferenza propriocettiva cervicale che la funzione oculomotoria, tuttavia questo è forse più funzionale (scrutare l’ambiente) del mantenere chiusi gli occhi. Così come può essere altrettanto buono il richiedere i movimenti “smooth pursuit” o lavori di stabilità oculare. Si può generare perturbazioni nei confronti del corpo attraverso meccanismi più naturali come l’afferrare un pallone o il far oscillare le braccia, piuttosto che lo stare su di una superficie instabile.

L’integrazione nella funzione
L’allenamento ad una specifica regione neutra parte da una posizione non funzionale, per poi evolvere gradualmente verso posizioni o attività maggiormente funzionali. Questo permette che sia acquisita una destrezza nel controllo motorio. E’ spesso molto difficile cominciare l’allenamento a schemi specifici mentre si è in carico o in posizioni funzionali. (vedi la prossima newsletter riguardo alle strategie di integrazione funzionale).

Propriocezione e chinestesia
Questo esercizio può essere semplicemente modificato per rivolgersi meglio alla propriocezione e chinestesia lombo-pelvica.
L’obiettivo è quello di raggiungere una posizione neutra lombo-pelvica e ritornare lì (propriocezione: senso di riposizionamento). Si può utilizzare un’unità di biofeedback a pressione (PBU) per verificare la posizione di partenza. Se il paziente utilizza come feedback la percezione della forza di schiacciamento sul PBU piuttosto che la percezione della propria posizione nello spazio, può utilizzare l’esercizio per raggiungere la medesima forza di schiacciamento (chinestesia). Tali esercizi li si può effettuare utilizzando la regione neutra specifica o la tradizionale neutra.

Conclusione
Il modello che vi abbiamo presentato che contiene le strategie di problem solving per la maggior parte degli esercizi per la riabilitazione motoria specifica e per la regione neutra specifica lombo-pelvica è stato utilizzato per aiutarci nell’illustrare il concetto.
Le variabili possono essere adattate con lo scopo di rendere per il paziente gli esercizi più semplici o maggiormente impegnativi.
Esse possono essere inoltre combinate al fine di creare innumerevoli sfide per il paziente. Sarebbe bene ricordare che questo tipo di riabilitazione si rivolge unicamente a quelle persone con deficit limitato alla funzione motoria, non ne è raccomandato l’utilizzo in coloro i quali possiedono fattori di rischio psicologici o psicosociali, con cui si otterranno scarsi risultati, o per coloro che presentano deficit alla coordinazione del sistema nervoso centrale (Gibbons 2011). Questi individui dovrebbero essere preventivamente identificati utilizzando metodi di screening appropriati prima di iniziare con questo tipo di riabilitazione.
Nota: Noi siamo lieti di riconoscere che alcune delle idee di partenza riguardo al concetto della regione neutra ideale sono state formulate in collaborazione con Mark Comerford. Il concetto che si è evoluto verso “il controllo motorio specifico della neutra” è stato svolto in maniera indipendente.

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I deficit neuro-cognitivi e senso-motori rappresentano un’importante sottoclassificazione dei disordini muscolo scheletrici – Coordinazione del Sistema Nervoso Centrale

Autore:Sean GT Gibbons BSc(Hons) PT,MSc Ergonomics, PhD(C),MCPA
Traduzione Italiana a cura dello SMARTERehab Group Italia

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Nota: vorremmo ringraziare l’editore di “Icelandic Physical Therapy Journal” per averci permesso la pubblicazione di questo articolo. 
Riferimento: Gibbons SGT 2011 Neurocognitive
and sensori motor deficits represent an important sub-classification for muscoloskeletal
disorders – Central Nervous System Coordination. Icelandic Physical Therapy Journal. 10-12

Introduzione
La lombalgia cronica (Chronic Low Back Pain) si presenta con un grande varietà di disordini sia della funzione motoria che centrali (Gibbons 2008,2010a,2011a). Tale natura eterogenea dalla lombalgia cronica (LBP), ha portato a sviluppare differenti strategie di sottoclassificazione per aiutare nella riabilitazione. Correntemente nella pratica comune le sottoclassificazioni includono: patoanatomica, schema di movimento, meccanismi di dolore e fattori psicosociali. Le strategie riabilitative attuali per la lombalgia cronica falliscono nei confronti delle complessità di cui i pazienti sono portatori. Un tipo di disturbo centrale che ha ricevuto poche attenzioni sono i deficit neuro cognitivi (ad es. concentrazione, memoria, attenzione), nonostante siano comuni nel colpo di frusta (Kessels et al 2000), nella fibromialgia (Sephton et al 2003,Glass 2008, Verdejo-Garcia et al 2009, Park et al 2001, Dick et al 2008), e nel dolore cronico (Sjøgren et al 2005, Dick e Rashiq 2007, Kreitler e Niv 2007).
I deficit neuro cognitivi dovrebbero suscitare interesse nei fisioterapisti poiché sono da correlarsi ai deficit senso motori, ai deficit nella coordinazione, a segni neurologici sfumati ed a problematiche psicologiche nei bambini con disturbi d’apprendimento (Barnhart et al 2003, McPhillips e Sheehy 2004, Semiz et al 2008, Mugnaini et al 2009). Tali fattori hanno le potenzialità di influenzare la riabilitazione negli adulti (Gibbons 2009c, 2009d). Inoltre molti interventi terapeutici richiedono la funzione neuro cognitiva. Le abilità come la lettura, la concentrazione, la memoria, l’attenzione, la visualizzazione ed il “problem solving” non possono essere dati per scontato. L’obiettivo di questo articolo è la descrizione della strategia di sottoclassificazione per i deficit neuro cognitivi e senso motori rilevanti per i fisioterapisti.

Sottoclassificazione – Coordinazione del Sistema Nervoso Centrale
Nel sistema nervoso centrale vi è una sovrapposizione tra le aree dove avvengono l’elaborazione e la funzione neuro cognitiva, la funzione neuromotoria, il movimento e la funzione psicologica. Ciò crea una potenziale competizione per l’utilizzo delle risorse. In un cervello normale le risorse sono distribuite in maniera efficace. Vi è una competizione solamente quando il sistema è significativamente sfidato. Quando vi è un deficit in qualcuna di queste aree, la competizione può avvenire a causa delle limitate risorse ed il deficit si esplicita
in una o più aree a seconda dell’ordine di priorità, necessaria per la funzione e per la capacità ad iniziare ad affrontare richieste multiple. Alla fine ne risente la funzione all’interno del sistema nervoso centrale. Ciò si può manifestare sotto forma di un ridotto controllo motorio, di funzione neuro cognitiva deteriorata o una reazione psicologica (Gibbons 2011b). Sebbene vi sia una grande prevalenza dei deficit neuro cognitivi nella popolazione con dolore, come già menzionato, i deficit neuro cognitivi possono essere presenti già prima dell’esordio del dolore. Questo risulta evidente in due aree chiave. Approssimativamente il 10% dei bambini ha un difficoltà d’apprendimento essenziale (Lagae 2008). Una percentuale tra il 25%-45% ha una difficoltà d’apprendimento media. La maggior parte dei bambini si porta le proprie difficoltà d’apprendimento nell’età adulta (Cousins e Smith 2003, Shaywitz et al 2008). Il disturbo cognitivo medio (Mild Cognitive Impairment MCI) è una sindrome con deficit neuro cognitivi più grandi di quanto ci si posa aspettare per età e grado d’istruzione, ma ciò può non interferire in maniera considerevole con le attività quotidiane. Secondo studi epidemiologici nella popolazione oltre i 65 anni la percentuale varia tra il 3% ed il 19% (Gauthier et al 2006). Questo dimostra che nella popolazione generale vi è una percentuale di problematiche neurologiche,
senso motorie e neuro cognitive.
Si intende quindi proporre che un’altra sottoclassificazione, ovvero la Coordinazione del Sistema Nervoso Centrale (SNC), venga presa in considerazione per poter identificare tutta la gamma dei deficit senso motori e neuro-cognitivi presenti nella popolazione. La coordinazione dell’SNC è la capacità dell’SNC di acquisire ed elaborare l’informazione senso motoria, ed elaborare l’informazione cognitiva. Il SNC richiede un profondo e costante feedback dal sistema senso motorio per la stabilità posturale ed il controllo del movimento. E’ di fondamentale importanza prendere coscienza che i deficit della coordinazione del SNC non includono solamente le difficoltà d’apprendimento ed il disturbo cognitivo medio presenti all’interno della popolazione con dolore muscolo-scheletrico. Il modello di competizione cerebrale dovrebbe essere ora maggiormente preso in considerazione. I deficit senso motori, come i deficit propriocettivi (Heikkila e Wennergren 1998,Treleaven et al 2003,2005, Brumagne et al 2000, O’Sullivan et al 2003) e tattili (Peters e Schmidt 1991, Wand et al 2010) sono comuni nelle condizioni di dolore cronico. I deficit motori compaiono poco dopo la comparsa del dolore e continuano (Hodges 2003, MacDoland et al 2006). Inoltre è difficile escludere le reazioni psicologiche dal dolore e dal processo traumatico. Queste presentazioni aggiungeranno
sollecitazioni ad un SNC già sollecitato (ad es. difficoltà d’apprendimento o declino cognitivo medio), tuttavia esse hanno la possibilità di compromettere anche un SNC normale se i deficit sono sufficientemente importanti.
Un deficit nella coordinazione del SNC non deve per forza essere considerato una condizione medica, ma piuttosto utilizzato come sottoclassificazione nella riabilitazione. Le esistenti diagnosi di difficoltà d’apprendimento e di disturbo cognitivo medio possono ricadere sotto questo titolo finalizzato alla sottoclassificazione in riabilitazione. I deficit neuro cognitivi che compaiono con il dolore necessitano comunque di una diagnosi medica o neuropsicologica. Il concetto che una competizione cerebrale porta a deficit neuro cognitivi con competizione sensoriale, motoria e psicologica a questo punto è un’ipotesi e richiede ulteriori approfondimenti.
Il “Motor Control Abilities Questionnaire” (MCAQ) questionario delle abilità del controllo motorio è uno strumento che è stato sviluppato per identificare i deficit neuro cognitivi e senso motori insieme ai sintomi correlati negli adulti (Gibbons 2009a). L’MCAQ può identificare tre sottogruppi nel grado di coordinazione del SNC: Deficit significativo, deficit da medio a moderato e deficit minimo (Gibbons 2009b). Anche la valutazione fisica dei segni neurologici sfumati e della funzione senso motoria può identificare questi sottogruppi (Gibbons 2009c). La capacità del MCAQ nel predire se un adulto sarà in grado di apprendere un esercizio specifico di controllo motorio per la lombagia cronica è molto buona con una specificità e sensitività rispettivamente di 0.98 e 0.88 (Gibbons 2009a). Una MCAQ con alti punteggi per gli aspetti
psicosociali e psicologici risulta una regola di previsione clinica per coloro i quali risponderanno ad esercizi di controllo specifico motorio per la lombalgia (Gibbons 2010b, 2010c).

Pertinenza
Il gruppo con significativi deficit nella coordinazione del SNC è eccezionalmente differente dagli altri sotto vari aspetti. Essi si presentano con convinzioni intrinsecamente differenti riguardo alla loro condizione e presentano numerosi fattori di rischio predisponenti a risultati scadenti nella prognosi riabilitativa. Questi includono: una più alta autovalutazione del dolore percepito, della disabilità, della fear avoidance (paura evitamento), e dei fattori psicosociali; una più bassa autovalutazione della funzione e della qualità del sonno. Essi hanno inoltre una scarsa capacità nell’imparare gli esercizi specifici di controllo motorio. Ciononostante la presentazione
del paziente è suscettibile al cambiamento, la tempistica è più lunga rispetto alla normalità epossono occorrere dai tre ai sei mesi perché avvengano significativi cambiamenti (Gibbons2009d).

Riabilitazione
I principi della neuro plasticità devono essere applicati nella riabilitazione. Le strategie riabilitative per la funzione neuro cognitiva derivano da quelli utilizzati con bambini con difficoltà d’apprendimento, adulti con disturbo cognitivo medio e pazienti con ictus. I nostri risultati preliminari mostrano che l’inibizione dei riflessi primitivi, un’attenzione focalizzata alla funzione senso motoria e programmi di esercizi attivi possono fornire un’opzione riabilitativa per quei soggetti con significativo deficit di coordinazione del SNC (Gibbons 2009d).

Conclusione
I deficit neuro cognitivi e senso motori costituiscono un importante sottogruppo delle condizioni muscolo scheletriche che abbiamo chiamato coordinazione del SNC. Una migliore comprensione delle interrelazione esistente tra le funzioni sensoriale, motoria, neuro cognitiva e psicologica incrementerà la nostra conoscenza di appropriate strategie terapeutiche

Bibliografia
A visualizzare sul webpage di SMARTERehab: www.smarterehab.com.
Come sotto-classificare la coordinazione del SNC
Il punto chiave della regola di previsione clinica è il MCAQ©, nonostante sia accompagnata ad una valutazione fisica della funzione motoria e dei riflessi primitivi. Il questionario di screening medico e la storia soggettiva (l’anamnesi n.d.t.) possono aiutarti a decidere se somministrare il MCAQ© o come debba partire la valutazione fisica.
Motor Control Abilities Questtionnaire © (MCAQ©)
Abbiamo sviluppato un questionario di screening in grado di prevedere chi sarà in grado di apprendere esercizi specifici di controllo motorio. Il MCAQ© consiste principalmente in domande collegate alla funzione senso motoria e neuro cognitiva. Tale questionario è altamente predittivo e costituisce una componente critica delle regole cliniche di previsione. Il MCAQ© è disponibile gratuitamente per un anno quando tu frequenti uno dei nostri corsi. Anticipiamo che nei prossimi mesi sarà in vendita per coloro che non hanno frequentato nostri corsi. Questo sarà un piccolo prezzo per aiutare a finanziare la nostra ricerca.
Medical screening questionnaire (questionario di screening medico)
Per aiutarti ad individuare coloro ai quali sarebbe utile somministrare il questionario, puoi somministrare a tutti un questionario di screening medico generale. Molte cliniche e dipartimenti comunque già lo fanno. Noi abbiamo aggiunto domande relative a condizioni associate alla funzione neuro cognitiva ed i riflessi primitivi. Questo è gratuito per tutti all’indirizzo http://smarterehab.com/assessment-information .
Nota: questo non è il MCAQ©.
Vi sono ulteriori domande relative alla storia soggettiva che dovrebbero essere fatte in relazione a: funzione neuro cognitiva, coordinazione, comobidità, neuro sviluppo e consapevolezza della
linea mediana.
Tutti questi argomenti sono affrontati dettagliatamente nei nostri corsi.